Respira. Me lo diceva sempre quando sembravo
sull’orlo del collasso, quando non sapevo dove girarmi, quando in mezzo alla
folla mi veniva da gettarmi a terra.
Respira. Mi incanto a fissare il tremare delle
foglie, mentre la brezza dell’Occidente viene a scompigliare un equilibrio
scomposto. Ignaro e inevitabile, come il pulsare del muscolo cardiaco.
Respira. È quello che mi diceva sempre, anche
quando eravamo ad un passo dal precipitare, dal lanciarci nelle tormente di
neve e nell’afa che aumenta inefficace. Silente e incessante come la pioggia
dei temporali, aumenta l’eco dei miei passi stanchi e ineluttabili.
Respira. L’unico comando che mi dava quando il
solco del torrente era prosciugato e io cercavo di riempirlo con le mie
lacrime, come se fosse mio il compito di porre rimedio agli errori della selva.
Cercavo sempre di trattenerlo anche quando il cuore sembrava non farci caso.
Fragile, piccola e troppo sola.
Respira. Una sola parola che era diventata una
sorta di codice tra noi, la lanciavamo nei momenti più disparati per far capire
all’altro che c’eravamo. Sempre anche quando il rombo dei motori alla partenza
diventava assordante.
Respira. Era diventata una parte di me, dovevo
ricordarmi di farlo, perché passavano momenti in cui mi fermavo, in cui non
riuscivo ad andare avanti, mi incantavo e sospiravo persa nell’oblio della mia
memoria.
Respira. Una speranza vana, come la possibilità di
catturare una stella cadente, di osservare una stella marina. Un’inutile
susseguirsi di eventi stupidi e poco probabili, una possibilità ingenua e
irrilevante come una ninna nanna.
Respira. Come un sasso che gettato in acqua
increspa la superficie solo per pochi minuti e poi affonda depositandosi e
modificando il fondale modellandolo a piacimento.
Respira. Lui non c’è più e io non posso far altro
che respirare in una quiete deprivata dal suono delle sue risate e dal clangore
delle sue urla.
Respira. Ma è troppo tardi per sopperire ad una
mancanza che invece di affievolirsi aumenta ogni giorno di più e non c’è tregua,
devi affondare nella melma e nella carne, un coltello affilato che lacera ogni
tessuto che incontra per la sua strada, una spada medievale che non si ferma,
un principe che distrugge un drago, che non muore ma risorge dal fuoco magico
che gli infonde vita. La fine di un’epoca, la proclamazione di un nuovo regno.
Respira. Ma come fai a farlo quando ogni giorno ti
sembra peggiore di quello che l’ha preceduto, quando ogni soffio d’aria ti
sembra strappato a forza e ti provoca dolore, ti chiede di sforzarti, di
correre in capo al mondo o solo in fondo ad una stanza.
Respira. L’unica sua richiesta.
Respira. L’unico dono che posso dargli.
Respira, respira, respira.
Annachiara
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