10 ottobre 2012

Respira


Respira. Me lo diceva sempre quando sembravo sull’orlo del collasso, quando non sapevo dove girarmi, quando in mezzo alla folla mi veniva da gettarmi a terra.
Respira. Mi incanto a fissare il tremare delle foglie, mentre la brezza dell’Occidente viene a scompigliare un equilibrio scomposto. Ignaro e inevitabile, come il pulsare del muscolo cardiaco.
Respira. È quello che mi diceva sempre, anche quando eravamo ad un passo dal precipitare, dal lanciarci nelle tormente di neve e nell’afa che aumenta inefficace. Silente e incessante come la pioggia dei temporali, aumenta l’eco dei miei passi stanchi e ineluttabili.
Respira. L’unico comando che mi dava quando il solco del torrente era prosciugato e io cercavo di riempirlo con le mie lacrime, come se fosse mio il compito di porre rimedio agli errori della selva. Cercavo sempre di trattenerlo anche quando il cuore sembrava non farci caso. Fragile, piccola e troppo sola.
Respira. Una sola parola che era diventata una sorta di codice tra noi, la lanciavamo nei momenti più disparati per far capire all’altro che c’eravamo. Sempre anche quando il rombo dei motori alla partenza diventava assordante.
Respira. Era diventata una parte di me, dovevo ricordarmi di farlo, perché passavano momenti in cui mi fermavo, in cui non riuscivo ad andare avanti, mi incantavo e sospiravo persa nell’oblio della mia memoria.
Respira. Una speranza vana, come la possibilità di catturare una stella cadente, di osservare una stella marina. Un’inutile susseguirsi di eventi stupidi e poco probabili, una possibilità ingenua e irrilevante come una ninna nanna.
Respira. Come un sasso che gettato in acqua increspa la superficie solo per pochi minuti e poi affonda depositandosi e modificando il fondale modellandolo a piacimento.
Respira. Lui non c’è più e io non posso far altro che respirare in una quiete deprivata dal suono delle sue risate e dal clangore delle sue urla.
Respira. Ma è troppo tardi per sopperire ad una mancanza che invece di affievolirsi aumenta ogni giorno di più e non c’è tregua, devi affondare nella melma e nella carne, un coltello affilato che lacera ogni tessuto che incontra per la sua strada, una spada medievale che non si ferma, un principe che distrugge un drago, che non muore ma risorge dal fuoco magico che gli infonde vita. La fine di un’epoca, la proclamazione di un nuovo regno.
Respira. Ma come fai a farlo quando ogni giorno ti sembra peggiore di quello che l’ha preceduto, quando ogni soffio d’aria ti sembra strappato a forza e ti provoca dolore, ti chiede di sforzarti, di correre in capo al mondo o solo in fondo ad una stanza.
Respira. L’unica sua richiesta.
Respira. L’unico dono che posso dargli.
Respira, respira, respira.


                                                                                                                                 Annachiara

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